Tutti a caccia del broccolo, boom di richieste

Se parli di broccolo biologico non puoi che pensare a Prima Bio, la società cooperativa pugliese fondata nel 1998 su impulso della famiglia Terrenzio e di altre aziende agricole della provincia di Foggia. Da fine settembre a maggio l’azienda coltiva broccoli su circa 300 ettari e negli anni la brassica è diventata il prodotto di punta della cooperativa, una delle realtà del Consorzio Bia. Broccoli ma non solo: asparagi e pomodori, tutti rigorosamente biologici, sono altre referenze che stanno guadagnando importanza, così come la linea dei trasformati, un segmento avviato da due anni e che rappresenta la strategia di diversificazione del paniere aziendale, con una proposta premium all’insegna dell’artigianalità.

“Con il broccolo siamo tra i principali produttori biologici a livello nazionale – spiega a Italiafruit News il presidente Giovanni Terrenzio – Serviamo le principali catene distributive europee, da Edeka a Rewe, dal gruppo Spar fino alle realtà scandinave. Su questa coltura abbiamo messo a punto le migliori tecniche agronomiche e, come avviene per tutte le referenze aziendale, curiamo ogni fase: abbiamo un vivaio aziendale dove moltiplichiamo le piantine, che poi coltiviamo nei nostri terreni vocati, raccogliamo gli ortaggi e li lavoriamo nei nostri magazzini. La qualità con cui coltiviamo gli ortaggi è la stessa con cui cerchiamo di presentare i prodotti, dando un importante livello di servizio ai nostri clienti: basti pensare che il broccolo lo confezioniamo in 16 formati diversi: dal 300 grammi filmato, al singolo pezzo con nastrino, dalla cassa in legno a quella in cartone, dall’Ifco al Cpr… Per noi sono tanti costi, ma la risposta al cliente passa anche da questa flessibilità, se vuoi essere competitivo sul mercato non basta produrre bene, con costanza e qualità, ma anche soddisfare il cliente con la tipologia di confezionamento che richiede”.

A proposito di mercato, la campagna del broccolo non è stata semplice. “L’autunno insolitamente umido in Puglia ha causato problemi di tenuta sul broccolo, tanta merce non è stato possibile commercializzarla – prosegue l’imprenditore – Abbiamo avuto un periodo terribile, poi ad aprile c’è stato il classico buco produttivo e ora il mercato si sta riprendendo: i clienti ci stanno tartassando di richieste. Lo zampino del meteo ha posticipato la partenza della campagna asparagi, che Prima Bio coltiva su oltre 50 ettari. I primi turioni sono stati tagliati all’inizio di aprile, prima di Pasqua c’è stata una situazione vivace, buona richiesta e prezzi interessanti… Poi un tracollo verticale, il mercato si è letteralmente afflosciato. Per l’asparago biologico serve creare nuovi sbocchi commerciali, ma non è facile, perché non vedo molti mercati ancora pronti per questa proposta: i costi produttivi sono alti e la marginalità che abbiamo è ridotta”.

Prima Bio è una filiera chiusa, un sogno partito 30 anni fa che, mattone dopo mattone, è divenuto realtà. La cooperativa è anche un esempio di economia circolare, gli scarti delle verdure, per esempio, sono impiegati per alimentare l’allevamento aziendale, 750 pecore che danno il latte necessario al piccolo caseificio aziendale che produce pecorini e il morbido del Gargano, un formaggio molle che sul territorio sta avendo successo. “Per fare le cose buone ci vuole tempo”, è il motto di Giovanni Terrenzio. E il percorso di Prima Bio si è incrociato con quello del Consorzio Bia. “Un progetto di soli produttori, una filiera verticale che dal campo possa arrivare alla distribuzione, un ufficio vendite unico che si interfaccia con i soci: sono gli aspetti che ci hanno convinto ad aderire a Bia – sottolinea Terrenzio – Penso che in questo modello ci sia un potenziale importante e non ancora del tutto espresso: per la Gdo può essere interessante e conveniente interfacciarsi con una realtà del genere, anche perché per ogni singolo prodotto coltivato dalle nostre aziende può trovare una filiera completa, conoscendo chi coltiva, chi raccoglie, chi confeziona… Tutto all’interno di uno stesso raggruppamento. Tutto questo è sinonimo di garanzia e tracciabilità”.

Dal fresco al trasformato. Dal vivaio al vasetto. Sempre con la stessa logica, Prima Bio ha avviato nel 2015 l’impianto di trasformazione del pomodoro. E, dopo due anni di test, ha sviluppato una proposta di passate, sughi pronti, sottoli… “Partendo dall’oro rosso locale abbiamo recuperato i sapori autentici che il nostro territorio ci ha sempre dato – racconta Luisa Terrenzio, responsabile commerciale conserve di Prima Bio – Abbiamo 3-4 ettari di terreni che dedichiamo alla coltivazione di ortaggi da trasformare. Raccogliamo il prodotto a giusta maturazione, lavoriamo in base alla stagionalità e questo ci permette di avere una qualità elevata e di proporre un prodotto gourmet. Dal 2017 siamo partiti a livello commerciale con i nostri trasformati, serviamo per un 70% il mercato italiano e per un 30% l’estero, soprattutto Francia, Germania, Svizzera, Olanda e Paesi scandinavi. In Italia ci rivolgiamo alla piccola distribuzione e agli specializzati. Per la linea rossa e quella dei sottoli evo abbiamo un pack particolare: un vasetto minimal da 580 ml di forma cilindrica su cui applichiamo un’etichetta sviluppata in verticale, molto illustrativa, che si basa un disegno fatto a mano e invita a una lettura da un punto di vista diverso e originale”.

Il trasformato è un tratto comune a molti soci di Bia, chissà che in un futuro il consorzio, oltre al fresco, non apra anche alla commercializzazione di salse e conserve.

Tratto da  Italiafruit News 2019